“La pandemia ha portato una maggiore attenzione del consumatore al tema della sana alimentazione. Tuttavia, l’aderenza alla dieta mediterranea resta bassa; il 60% non la segue, soprattutto nelle regioni del sud Italia e chi sa di nutrizione mangia anche meglio, ossia la conoscenza nutrizionale è un fattore determinante per le buone scelte alimentari. Infine, esiste una correlazione tra aderenza alle raccomandazioni nutrizionali e atteggiamenti di prevenzione dello spreco alimentare”. Così Laura Rossi, ricercatrice del CREA Alimenti e Nutrizione, al “Food Mood, il monitoraggio sui nuovi atteggiamenti degli adolescenti nei confronti del cibo, nell’era del Covid-19”, svoltosi su iniziativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con l’ANBI e Consorzio di Bonifica di Piacenza e realizzato all’interno degli istituti scolastici nel periodo pandemico.
Il 54% di questi ragazzi e ragazze ha esplicitamente dichiarato di aver cambiato le proprie abitudini: un fatto positivo o negativo? Il quadro è caratterizzato da luci e ombre, nel quale le prime sembrano prevalere sulle seconde. Tra i cambiamenti migliorativi si segnalano il recupero della “socialità” dei pasti in famiglia, favorita dal maggior tempo trascorso in casa (96% dei casi), la maggiore attenzione alla sicurezza dei prodotti, legata al bisogno da parte dei giovani di rassicurazione rispetto a tutto ciò che si mangia e si beve, e la diffusa propensione al “salutismo” alimentare (2 adolescenti su 3 hanno iniziato a scegliere cibi con meno grassi, meno zuccheri, meno sale e/o hanno ridotto la quantità complessiva di cibo consumato); nonchè la crescente aderenza ai principi-guida della cosiddetta “dieta mediterranea” e la riscoperta dei prodotti tipici del territorio, a cui il 70-80% degli adolescenti associa una straordinaria superiorità qualitativa.

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