Esiste un legame indissolubile tra la salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente. Il sistema alimentare oggi è dominato da grandi aziende che producono, trasformano, distribuiscono e vendono il cibo, indirizzando le scelte alimentari che le persone compiono e definendo dall’alto la disponibilità del cibo e il suo prezzo. La qualità del cibo fornito è spesso povera di sostanze nutritive: ricca di grassi, sale e zuccheri e priva di nutrienti importanti come minerali e vitamine. Una realtà che crea forti contraddizioni a livello sociale. Allo stato attuale, secondo la Fao, ci sono 1,9 miliardi di adulti in sovrappeso nel mondo, oltre 650 milioni dei quali sono obesi, mentre allo stesso tempo ci sono quasi 800 milioni di persone denutrite che soffrono la fame e miliardi che presentano carenze di micronutrienti. L’obesità, un tempo riscontrata soprattutto nei Paesi dal reddito elevato, si è oggi estesa anche ai Paesi con medio e basso reddito, spesso insieme alla denutrizione. Anche nei Paesi dove una maggiore disponibilità di calorie ha mitigato i problemi di sicurezza alimentare, la malnutrizione persiste sotto forma di carenze di micronutrienti.
La tutela della biodiversità come risposta
L’altra faccia della medaglia di questa abbondanza industrializzata è il grandissimo potenziale di biodiversità disponibile per le comunità locali di cui solo una minuscola percentuale viene effettivamente consumata. Delle oltre 300.000 specie vegetali commestibili note, infatti, l’approvvigionamento alimentare mondiale dipende da sole 150. Inoltre, quattro colture – riso, mais, patate e grano – forniscono più della metà delle calorie consumate globalmente.
«Spesso dimenticate, le piante alimentari commestibili locali possono dare un contributo significativo a migliorare e diversificare la dieta. Da un punto di vista nutrizionale, molte di queste specie vegetali sono più ricche di vitamine, minerali e macronutrienti come grassi e proteine rispetto alle specie domestiche convenzionali» spiega Serena Milano, segretario generale della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. «Inoltre, le piante commestibili locali richiedono meno acqua, fertilizzanti, prodotti chimici, si adattano naturalmente al loro ambiente e sono in grado di resistere meglio alla pressione di malattie e parassiti. Promuovere le piante alimentari locali è una strategia che aumenta la diversità della dieta tra le popolazioni urbane e rurali durante tutto l’anno e riduce la fame e il rischio di malnutrizione in tempi di penuria alimentare e carestia. Per di più l’utilizzo di queste piante è sostenibile ed efficace dal punto di vista dei costi».
Crisi climatica e salute
C’è un altro elemento che provoca effetti negativi sulla nostra salute: la crisi climatica. Quest’ultima sta avendo un impatto su tutti i sistemi ambientali e sta danneggiando anche la salute umana. La sicurezza alimentare globale è minacciata dall’aumento delle temperature e dai cambiamenti nelle precipitazioni, oltre che da eventi estremi come ondate di calore, inondazioni e siccità, che hanno un effetto significativo sulla produzione agricola. La nostra dieta è uno dei motori del cambiamento climatico, dato che la sola produzione di carne è responsabile di quasi un quinto delle emissioni globali di gas serra. Allo stesso tempo, il consumo eccessivo di carne rossa ha anche effetti negativi sulla salute umana. Questa alterazione del valore nutrizionale del cibo dovuta al cambiamento climatico si unisce alle conseguenze causate dall’impoverimento del suolo.

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