Greta Thunberg non sarà presente alla COP27: “Non vi andrò per molte ragioni, ma lo spazio per la società civile quest’anno è molto limitato” ha argomentato, sostenendo che le persone al potere usano le conferenze sul clima per interessi personali e come greenwashing. E Greenpeace segnala polemicamente che uno dei principali sponsor della conferenza egiziana è una delle aziende più inquinanti al mondo (produce bibite), da sola responsabile del 10% delle bottiglie di plastica disperse, pari a tre milioni di tonnellate.

Si apre quindi sotto un cielo plumbeo il 27mo vertice Onu sui Cambiamenti Climatici, la Cop27, fino al 18 novembre a Sharm El-Sheikh, in Egitto. Ricordiamo che si tratta della conferenza dei negoziati periodici per salvare il pianeta dagli effetti del riscaldamento globale, che quest’anno come abbiamo visto, fin dall’inizio sono all’insegna di tensioni e polemiche sui diritti umani nel Paese ospitante, dai timori per la recessione globale, il caro energia, la crisi alimentare e il rilancio delle energie fossili quali conseguenze dirette del conflitto tra Russia e Ucraina. Inoltre, come un convitato di pietra, aleggiano le elezioni di midterm negli Usa, l’8 novembre.

Numeri alla mano poi, il mondo si sta allontanando dall’impegno di contenere entro 2 gradi – meglio se 1,5 gradi – il riscaldamento globale rispetto ai livelli preindustriali. Allarmanti le previsioni dell’UNEP: entro fine secolo il riscaldamento del pianeta rischia di raggiungere quota 2,6 gradi, un livello “catastrofico” che rende urgente “un’azione climatica su tutti i fronti, ora”. Per mantenere 1,5°C, le emissioni dovrebbero essere ridotte del 45% rispetto ai livelli attuali e del 30% per stare entro 2°C. Con queste premesse, è chiaro che siano scarse le aspettative da questo vertice.

COP27 in Egitto avrà come primo appuntamento clou il vertice dei leader del 7 e 8 novembre: in tutto 125 partecipanti tra capi di Stato e di governo, oltre ai diplomatici di ben 200 Paesi e al numero record di 40 mila presenze tra esponenti di Ong, società civile, studiosi, settore privato, difensori dei diritti. Tra i nomi di spicco del vertice, il presidente Usa Joe Biden, il neo premier britannico Rishi Sunak e per l’Italia la neoPresidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Forse anche Luiz Inacio Lula da Silva neovincitore delle presidenziali il Brasile, anche se entrerà in carica nel gennaio 2023, che ha già assicurato impegno nella lotta ai cambiamenti climatici, tutela dell’Amazzonia, uno dei principali polmoni verdi del pianeta.

Per molti esperti infine, ancora una volta l’Africa e i Paesi del Sud del mondo rischiano di rimanere delusi dall’esito del vertice, nonostante moniti e appelli lanciati nelle scorse settimane dal Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha definito la Cop27 “un test decisivo per ristabilire la fiducia tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo”. A Sharm El-Sheikh capi di Stato africani, rappresentanti governativi e di Ong rinnoveranno ai Paesi ricchi la loro richiesta urgente di incrementare i finanziamenti diretti al continente per accelerare la loro transizione energetica. Finora i principali inquinatori mondiali non hanno onorato la promessa di portare a 100 milioni di dollari l’anno gli aiuti ai Paesi più poveri, africani ma non solo, per lottare contro i cambiamenti climatici oltre che a titolo di risarcimento. Secondo dati Ocse, il tetto massimo dei finanziamenti del Nord del mondo è stato di 83,3 miliardi nel 2020, mentre l’impegno quota 100 miliardi potrebbe essere raggiunto nel 2023.

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