In San Pietro a Roma sono arrivate mucche, asini, pecore, capre, galline e conigli. Il “convegno” è legato alla benedizione di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio appunto, giorno che vede anche coinvolte le parrocchie sia di campagna che di città.

Sant’ Antonio Abate era un eremita egiziano vissuto nel III secolo dopo Cristo il quale dedicò la sua esistenza alla preghiera e all’aiuto ai bisognosi. Lasciata presto la sua agiata famiglia, donò i suoi beni ai più poveri, come San Francesco. La devozione a S. Antonio Abate ha dato vita a innumerevoli manifestazioni di carattere religioso-folkloristico. Una tradizione secolare che ha ripreso vigore grazie anche alla riscoperta della natura, la cultura ecologista e l’amore verso gli animali. In molte località per esempio permane l’usanza di distribuire il pane e le fave benedette o anche ceci, grano e granoturco bolliti. Tante poi le storie legate al maiale. Si dice che mentre Antonio era in viaggio, una scrofa lasciò ai suoi piedi un maialino molto malato; il Santo lo guarì con la preghiera e divenne suo compagno inseparabile. Così una usanza era quella di allevare un maialino che poteva girare liberamente per il paese, alimentato da tutta la popolazione; quindi “il porco di S. Antonio” veniva immolato e le sue carni date ai poveri.

Così quest’oggi piazza S.Pietro, con Coldiretti e l’Associazione italiana allevatori, diventa un’azienda zootecnica e un’aia. Anche per una denuncia. Infatti quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività. Motivi? Principalmente per l’esplosione dei costi, con rischi per l’economia e l’occupazione: +60% legati ai rincari energetici, +95% dei mangimi, +110% per il gasolio e addirittura +500% per l’elettricità, indispensabile ai sistemi di mungitura e conservazione del latte (dati Crea). A rischio – denuncia Coldiretti – un patrimonio zootecnico di oltre 6 milioni di bovini e bufale, 8 milioni di pecore e capre, più di 8,5 milioni di maiali, altrettanti conigli e 144 milioni di polli.

L’allevamento italiano rappresenta il 35% dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 40 miliardi di euro, che occupa circa 800mila le persone sull’intera filiera. Particolarmente drammatica la situazione delle stalle di montagna con un calo stimato della produzione di latte del 15% che grava poi sulla produzione dei formaggi di alpeggio e tutto il sistema montagna (turistico, ambientale e occupazionale).

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