Lo scorso anno era arrivato il via libera anche alla larva gialla della farina (Tenebrio molitor) essiccata termicamente, intera o sotto forma di farina, per il consumo umano e alle cavallette (Locusta migratoria) per uso alimentare umano. Ora sono in arrivo, dopo l’autorizzazione concessa dall’Unione Europea, dalle larve di verme della farina minore (Alphitobius diaperinus) al grillo domestico (Acheta domesticus) congelati, essiccati e in polvere.

È opportuno sapere che, su base globale, sono oltre 2 mila le specie commestibili con un fatturato in crescita esponenziale. In Europa le specie edibili sono tre: cavallette, larve della farina e grilli. L’80% della popolazione mondiale già include regolarmente gli insetti nella propria alimentazione e, come certificato dall’Efsa, non fanno male.

Su questo però, precisa la Coldiretti, essa nel suo parere scientifico ha rilevato che il consumo di questi insetti può causare reazioni allergiche nelle persone allergiche ai crostacei e agli acari della polvere.

Ma torniamo ai macronumeri. Global Market Insights stima aumenti di oltre il 43,5% del mercato “insetti commestibili” fino a raggiungere un valore di 710 milioni di dollari nel 2024. International Platform of Insects for Food and Feed calcola che più di 6.000 tonnellate di proteine di insetti sono già prodotte in Europa e, entro il 2030, la crescita del settore potrebbe arrivare a 2-5 milioni di tonnellate l’anno, a seconda del quadro legislativo. Di fronte a questo scenario Confagricoltura non è preoccupata perché è certa che la nostra ricca cultura alimentare difficilmente perderà spazi di mercato in favore di alimenti a base d’insetti; e perchè la dieta mediterranea, oltre ad essere sana, ha chiari effetti benefici tanto che contrasta ad esempio, il rischio di insorgenza di patologie croniche come diabete, ipertensione arteriosa e obesità.

Infatti tutto questo, secondo una indagine Coldiretti/Ixe, non sembra interessare i consumatori europei e italiani che per il 54% sono contrari agli insetti a tavola, indifferenti il 24% e favorevoli il 16% (non risponde il 6%). E’ necessario pertanto garantire la trasparenza dell’informazione sia sulla natura delle farine contenute negli alimenti sia sul paese di provenienza.

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