Partiamo dalla fine; la nuova centrale a biogas di Schiavon (VI) inaugurata nelle campagne a nord di Vicenza, nella zona delle risorgive e dei prati stabili, dove regna la zootecnia e l’attività lattiero casearia, produrrà ben 5 megawatt di energia, distinguendosi come il più importante impianto di biometano in Europa che trasforma i reflui zootecnici in energia rinnovabile e fertilizzante naturale. L’impianto di Schiavon, promosso da Iniziative Biometano (Gruppo FemoGas, AD Stefano Bozzetto), è gestito da due società operative, Motta Energia ed EBS (AD Stefano Svegliado), di cui sono soci 117 aziende agricole del territorio.

Ma come abbiamo detto questa è la fine di un percorso che i due soci ingegneri, Stefano Svegliado e Stefano Bozzetto a capo di questo progetto, hanno intrapreso sapendo coinvolgere le aziende agricole del Brenta vicentino, principalmente nei comuni di Schiavon, Pozzoleone, Bressanvido, Sandrigo; saranno queste ad “alimentare” l’impianto – era presente infatti una folta delegazione Coldiretti, partecipe dell’iniziativa, da Ettore Prandini, presidente nazionale, a Marina Montedoro, Direttrice regionale, Martino Cerantola, già Presidente regionale, ecc. -; allevatori soci che hanno affidato a questo progetto la gestione dei loro effluenti e della concimazione organica dei loro terreni, circa 8.500 ha, nel rispetto della legge e delle migliori pratiche agronomiche. Si completa così il circolo virtuoso di questa tecnologia che permette di “non buttar via niente” e che, come ha sottolineato il Presidente del Gruppo AB, Angelo Baronchelli, l’azienda bresciana che ha fornito la tecnologia e realizzato l’impianto, il nostro paese esporta anche all’estero.

Qui ogni giorno circa 1.000 mc di effluenti zootecnici verranno trasformati attraverso il più antico processo biologico, quindi senza bisogno di additivi, in: 20 ton di biometano liquido e 40 ton di CO2, che verrà recuperata e venduta; 100 ton di fertilizzante compostabile; 800 m3 di fertilizzante liquido e 10 ton di concime liquido, un concime di sintesi quindi prodotto dal riciclo della sostanza organica. Dulcis in fundo nascono anche posti di lavoro: 7 addetti direttamente occupati nell’impianto; ed un indotto di circa 30 terzisti coinvolti e coordinati direttamente con tecnologie all’avanguardia nella gestione della logistica e dell’utilizzazione efficiente del concime organico.

Effettivamente questa è una frontiera: secondo dati GSE, in Italia operano ben 2010 impianti a biogas per 1.340 MW installati e distribuiti in almeno 1.918 Comuni. L’Italia è il secondo produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo, con un potenziale produttivo stimato al 2030 in 10 miliardi di m3; di questi almeno 8 da matrici agricole, pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale.

Attiva in questa operazione anche Legambiente, presente con il suo Presidente Stefano Ciafani, il quale ha sottolineato che “nel giro dei prossimi anni questi impianti devono crescere, a partire dal Centro Sud, attraverso una corretta pianificazione, coinvolgendo i territori per superare le contestazioni locali, promuovendo una campagna di informazione capillare su che cosa sia il biometano ‘fatto bene’.”


Quello del ‘biogas fatto bene’ è il cavallo di battaglia del CIB-Consorzio Italiano Biogas. Piero Gattoni, il Presidente, ha ricordato come questa filosofia “vada nella direzione della transizione agroecologica. Produrre cibo e energia non solo si può, ma è necessario, in un paradigma virtuoso che dobbiamo alle nuove generazioni. E mai come oggi le scelte che vanno verso la sostenibilità, l’efficienza, la tecnologia, l’innovazione, sono opzioni che non solo fanno bene all’ambiente ma anche alle stesse aziende agricole, perché le rendono più competitive permettendo anche di lasciare sempre più risorse sui territori”.

Infatti, altro dato interessante ribadito da Bozzetto, qui vi è un risparmio in termini di emissioni annue pari a 60.000 tonnellate di CO2 evitata, ed una riduzione del 10% del costo di produzione del latte degli allevatori soci grazie all’integrazione dei nostri servizi con le aziende. E non da ultimo è pensabile un sostanziale miglioramento della qualità dell’acqua e della biodiversità del territorio.

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