La mimosa, coi suoi batufoli gialli che simboleggiano la festa della donna, l’8 Marzo di ogni anno, è il fiore di un arbusto sempreverde, l’acacia dealbata, originario delle zone tropicali, e appartiene alla famiglia delle Leguminose. Ha preso il nome scientifico “mimus”, dal latino attore mimico, perché le sue foglie, composte da tante foglioline verde chiaro, in caso di pericolo (per esempio se vengono sfiorate o la temperatura supera i 20 gradi) si ritraggono. Proprio per questo particolare atteggiamento essa venne introdotta in Europa intorno al 1820 adattandosi poi bene al clima Italiano, soprattutto nelle zone temperate.
Ma come mai viene offerta alle donne? La data ricorda un tragico evento che risale al 1908 quando un gruppo di operaie decise di scioperare per vedere riconosciuti i loro diritti; mentre è dal 1946 che in Italia – in forza ad una decisione dell’UDI, Unione donne italiane -, che le mimose sono state scelte come simbolo dell’8 marzo, grazie anche alla loro capacità di fiorire in anticipo rispetto alla primavera astronomica.
Il tradizionale ramo di mimosa, o un fiore in omaggio a una donna su due (come segnala una ricerca), quest’anno va senz’altro dedicato alle 200mila ucraine arrivate in Italia, o ultimamente per questa assurda guerra o prima spesso come badanti, che vivono giorni di grande sofferenza per i loro cari e la loro patria.
Ma anche per i gialli batufoli questo è un anno complicato, specie per il saliscendi dei cambiamenti climatici. Le piante sono fiorite, infatti, con almeno due mesi di anticipo, per poi fare i conti con il ritorno del freddo; un ottovolante delle temperature che ha ridotto la produzione.
Infine non va sottovalutato che oltre ad essere il simbolo della presenza femminile nel mondo – dalla famiglia al lavoro -, la mimosa esprime anche un importante valore ambientale perché in Italia è realizzata con tecniche eco-compatibili soprattutto nei tipici terrazzamenti che si affacciano sul mare, altrimenti destinati al degrado e all’abbandono. I ramoscelli che sono stati regalati – sottolinea la Coldiretti – sono praticamente tutti di origine nazionale e soprattutto della provincia di Imperia, in Liguria, dove si realizza oltre il 90 per cento della produzione italiana.

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