Pur continuando a cadere annualmente circa 300 miliardi di metri cubi di pioggia sulla Penisola, la percentuale di territorio a rischio desertificazione ha raggiunto il 21%, a testimonianza di un andamento pluviometrico “a macchia di leopardo”. E resta, purtroppo, la cornice di un Paese, dove si continuano a “consumare” 16 ettari di territorio al giorno, aumentando il rischio idrogeologico, che ormai interessa il 94% dei comuni italiani. Da qui, la necessità di un grande sforzo per permeare l’Italia di quella cultura dell’acqua, fondamentale per garantire futuro ad un Paese in buona parte sotto il livello del mare.
È questa la situazione quasi drammatica in cui è stato presentato a Roma, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, l’avvio di “ANBI 100” – il programma di iniziative che accompagneranno il centenario della moderna Bonifica, quando a San Donà di Piave (VE, 23-25 marzo 1922) si riunirono esperti e studiosi da tutta Italia, nonché autorevoli esponenti politici come don Luigi Sturzo e Silvio Trentin, per precisare i nuovi obbiettivi della gestione idrica nazionale.


“C’è uno straordinario, quanto drammatico obbiettivo comune tra il primo dopoguerra e l’attuale contingenza internazionale: l’autosufficienza alimentare del nostro Paese che, allora come oggi, vede protagonista le gestione delle acque irrigue, operata dai Consorzi di bonifica”. Così Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI e co-autore del volume “La grande storia d’Italia raccontata dall’acqua” (con Elisabetta Novello ed Erasmo d’Angelis).
Significativa poi la coincidenza del Centenario con l’avvio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. I Consorzi di bonifica svolgono un ruolo indispensabile per la gestione del territorio; i principi della loro azione sono declinati negli 858 progetti, perlopiù definitivi ed esecutivi, del Piano Nazionale di Efficientamento della Rete Idraulica, finalmente assunta fra le infrastrutture strategiche del Paese, al pari di strade ed aeroporti; il documento di ANBI prevede un investimento complessivo di circa 4 miliardi e 339 milioni di euro, capace di attivare oltre 21.000 posti di lavoro. L’obbiettivo è ristrutturare ed ampliare un reticolo fatto di migliaia di chilometri di alvei e di opere ingegneristiche, reso inadeguato dall’estremizzazione climatica, dove una crescente siccità (ormai soprattutto nel Nord Italia) si alterna ad eventi atmosferici più violenti, nonché concentrati nel tempo e nello spazio.
Un andamento meteo che necessita perciò di elementi stabilizzatori, in grado di gestire i necessari apporti idrici al territorio ed all’agricoltura, che produce cibo.
Una risposta sono i progetti lanciati da ANBI per la realizzazione di bacini perlopiù medio-piccoli e collinari, capaci di aumentare la percentuale d’acqua trattenuta al suolo (oggi ferma all’11% della pioggia annualmente caduta), abbinando funzioni civili, ambientali, energetiche, di prevenzione idrogeologica e di riserva idrica. Il più recente è il cosiddetto “piano laghetti”, elaborato assieme a Coldiretti: 10.000 serbatoi (6.000 aziendali + 4.000 consortili) da realizzare entro il 2030.

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