Secondo una recente indagine i Paesi con la maggior sensibilità dei consumatori verso i vini sostenibili sono gli Stati Uniti, la Germania e il Regno Unito, cioè le tre maggiori aree di esportazione del prodotto italiano. Realizzata da “Wine Intelligence” in 17 Paesi a ben 17 mila intervistati, la ricerca segnala anche che i vini prodotti in modo sostenibile si collocano al secondo posto tra le tipologie produttive che offrono maggiori opportunità di crescita, dietro solo a quelli biologici. In questa logica è quanto mai attuale la decisione del Ministero delle politiche agricole di costituire, dopo l’approvazione del decreto Sostenibilità, il Comitato della Sostenibilità vitivinicola, per dotarsi di uno “standard sostenibile” per il settore vitivinicolo, primo Paese in Europa. Per Paolo Castelletti, Segretario generale Unione italiana vini, si tratta di «uno strumento normativo e di mercato in grado di rispondere positivamente a sfide e obiettivi della nuova Politica agricola comune e della strategia Farm to fork». ​Con il provvedimento, quando sarà a regime, per il vino italiano sarà operativo un disciplinare, unico nel suo genere, basato sul sistema nazionale di produzione integrata declinato in tutte le regioni italiane. Inoltre, i produttori dovranno rispettare regole uniche in materia di impiego di agrofarmaci e di buone prassi in vigna e in cantina. Ottenuta la certificazione, potranno apporre sui loro prodotti un logo ad hoc, immediatamente riconoscibile dai consumatori in grado di aumentarne il valore e la fidelizzazione.

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