L’agricoltura veneta ha raggiunto nel 2021 un valore della produzione del +4,1% rispetto all’anno precedente. Ora si pongono due questioni che vanno affrontate globalmente: il dramma dei costi di produzione e l’emergenza climatica. Ecco quanto emerso durante il consueto primo bilancio sui risultati dell’agricoltura veneta presentato come ogni anno in questo periodo da Veneto Agricoltura. Il Report completo può essere scaricato al link https://www.venetoagricoltura.org/wp-content/uploads/2022/02/PV2021.pdf
Dopo le difficoltà del 2020 dovute al prolungato lock down per Covid, nel 2021 l’agricoltura veneta si è rimessa in moto mostrando i segni di un ritorno alla normalità, purtroppo non ancora del tutto raggiunta visto che la pandemia ha continuato e sta continuando a mordere. Negli scorsi 12 mesi sono comunque riprese le attività economiche, seppure con difficoltà, come pure i consumi che però non hanno ancora raggiunto i livelli pre-pandemia. Questi risultati sono arrivati in un clima di fiducia degli operatori dell’industria alimentare, clima che ha contagiato anche il comparto agricolo tornato – negli ultimi tre mesi del 2021 – a mostrare un segno positivo dopo ben nove trimestri contrassegnati dal segno “meno”. Purtroppo, il 2021 è stato caratterizzato anche dal forte incremento dei prezzi dei mezzi di produzione (accelerato in queste ultime settimane) che sta mettendo a repentaglio la redditività di numerosi comparti agricoli, in primis quello degli allevamenti.
Vediamo ai numeri.
Il valore complessivo della produzione lorda agricola veneta nel 2021 è stimato in 6,4 miliardi di euro (+4,1% rispetto al 2020), ha ricordato Alessandra Liviero di Veneto Agricoltura. Ad incidere su questo risultato è stato il generale miglioramento dei prezzi di mercato, cresciuti anche grazie alle dinamiche del commercio mondiale. In particolare sono risultati in crescita i valori delle produzioni erbacee (+12,3%), mentre hanno registrato una flessione le coltivazioni legnose (-3,5%) a causa dell’andamento climatico. Per quanto riguarda gli allevamenti, il Report registra un leggero miglioramento sia delle quantità prodotte, che dei prezzi di mercato, con un valore della produzione che si stima in aumento del +6,1%.
Il numero delle imprese agricole attive nel Veneto, nei primi tre trimestri del 2021, risulta pari a 61.138 unità (-0,9%), in linea con l’andamento nazionale (-0,3%). Sono aumentate sia le società di capitali (circa 1.330 imprese, +7,1%) che le società di persone (circa 10.710, +2,6%); sono calate invece le ditte individuali (48.613 unità, -1,8%), che rappresentano quasi l’80% delle imprese. In calo anche le imprese alimentari, che si attestano a 3.574 unità (-0,3%). Sempre nei primi tre trimestri del 2021, gli occupati agricoli nel Veneto erano circa 75.650 (dati Istat), in crescita (+1,7%) ma con un tasso inferiore rispetto al livello nazionale (+4,3%); in flessione invece le assunzioni (circa 62.000 unità, -10,4%, fonte: banca dati Silv). Come conseguenza risulta che il saldo occupazionale agricolo viene stimato in forte calo (-26%). La situazione è leggermente migliore nel settore agroalimentare dove le assunzioni sono aumentate (circa 14.000 unità, +3,6%), ma il saldo occupazionale viene comunque stimato in calo di circa il -14% a causa dell’aumento delle cessazioni.
Passando alla bilancia commerciale con l’estero dei prodotti agroalimentari veneti, il saldo nei primi nove mesi del 2021 si conferma in attivo con circa 137 milioni di euro, ma risulta praticamente dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2020. Ciò è dovuto ad una maggiore crescita delle importazioni (5,5 miliardi di euro, +10,8%), rispetto alle esportazioni (circa 5,64 miliardi di euro, +7,5%). I maggiori incrementi delle importazioni hanno riguardato i prodotti di colture agricole non permanenti (1,08 miliardi, +16,1%), la carne e prodotti a base di carne (766 milioni di euro, +16,6%), pescato, crostacei e molluschi (460 milioni di euro, +23%). Le performance migliori dell’export hanno invece interessato il comparto delle bevande (2,03 miliardi di euro, +11,4%), la carne e i prodotti a base di carne (570 milioni di euro, +16,2%). In calo invece l’export di prodotti dell’industria lattiero-casearia (382 milioni di euro, -6,3%).
Venendo alle performance delle singole colture, va subito ricordato che l’andamento climatico ha fortemente influito sull’annata agraria 2021, caratterizzata dalle gelate tardive di aprile che hanno danneggiato soprattutto le frutticole. Effetti negativi sono poi arrivati anche dalle alte temperature e i periodi siccitosi dell’estate, con conseguenze soprattutto su mais e soia, oltre che su altre colture orticole. Ma vediamo i risultati raggiunti settore per settore. Annata molto positiva per i cereali autunno-vernini: fatta eccezione per l’orzo (17.900 ha, -6%), sono cresciuti gli investimenti a frumento tenero (95.000 ha, +12%) e duro (15.000 ha, +42%); in miglioramento anche le rese e di conseguenza la produzione. Annata sfavorevole invece per i cereali a semina primaverile: calano le superfici coltivate a mais (148.000 ettari, -4%) e soprattutto le rese (10 t/ha, -11%). L’aumento dei prezzi (+42%) ha controbilanciato la riduzione della produzione (1,5 milioni di tonnellate, -15%).
Anche per le colture industriali, il 2021 è stato caratterizzato da un incremento generalizzato dei prezzi. Per quanto riguarda la soia, aumentano le superfici coltivate (+3%), molto male invece la resa (3 t/ha, -18%) e di conseguenza la produzione (420 mila tonnellate, -15%). In calo gli investimenti a girasole (3.900 ha, -27%) mentre crescono le superfici coltivate a colza (4.400 ha, +36%). Male per la barbabietola da zucchero: in flessione le superfici (8.800 ha, -2,7%) e soprattutto le rese (-61,3% t/ha, -12%); mentre il tabacco ha registrato una crescita degli investimenti e della produzione. Annata in chiaroscuro anche per le colture orticole: in generale gli investimenti sono calati per diversi prodotti, quali la patata (3.500 ha, -7%), il radicchio (4.500 ha, -22%), la lattuga (1.100 ha, -13%) e la fragola (360 ha, -12%), ma anche per carota, cavoli e cavolfiori, fagiolini e piselli. In crescita invece le superfici coltivate ad altre orticole, in particolare aglio (11%) e cocomeri (+21%), mentre altre colture (asparago, zucchine, meloni) hanno avuto incrementi meno rilevanti.
Annata difficile anche per il comparto frutticolo veneto che ha dovuto fare i conti con i danni delle gelate di aprile e altre vicissitudini fitosanitarie (cimice asiatica su tutte). In questo contesto, tutte in discesa le rese ad ettaro, con il conseguente calo delle produzioni di melo (-38,9%), kiwi (-40,8%), ciliegio (-23,8%) e con perdite ancora maggiori per pero (-85,3%) e pesche (-77,3%). Fortunatamente il comparto viticolo veneto continua la sua corsa inarrestabile, che nel 2021 ha visto crescere ancora la superficie vitata (94.151 ha, +1,5%), di cui quasi il 78% Doc/Docg e un altro 18% circa Igt, sinonimo di alta qualità. La vendemmia è stata di 14 milioni di quintali di uva (-0,5%), pari ad una produzione di vino di 11,7 milioni di ettolitri (stabile rispetto al 2020). In netto rialzo, invece, il prezzo delle uve (0,74 €/kg, +27,6%).
La produzione di latte nel 2021 nel Veneto è stata di circa 12 milioni di quintali, in linea con l’anno precedente. Il numero di allevamenti è invece sceso a circa 2.800 unità, proseguendo così il trend degli ultimi anni. Il prezzo medio annuo del latte è stato di 36,5 euro/100 lt (senza IVA e premi), risultando sostanzialmente invariato. Nelle province venete cresce la produzione di formaggio Grana DOP (570mila forme), in leggero calo invece la produzione degli altri formaggi DOP e duri, per la ripresa della richiesta di formaggi freschi e molli. Fatturato stabile stimato a circa 440 milioni di euro. La quotazione del latte alla stalla è stata inferiore ai costi di produzione, soprattutto in conseguenza dell’aumento dei costi alimentari ed energetici. Per la carne bovina la produzione veneta nel 2021 è risultata stabile, con 780mila capi macellati, come pure il numero di allevamenti da carne (fonte: Anagrafe zootecnica) fermo a circa 6mila unità. Persiste la dipendenza dall’estero per ristalli e in parte per materie prime alimentari. Considerando il buon andamento dei prezzi sui mercati, il fatturato viene stimato a circa 425 milioni di euro (+6%).
La produzione di carne suina, concentrata nelle province di Verona e Treviso, vede il Veneto tra le regioni italiane della filiera di qualità IGP/DOP. Nel 2021 la produzione è stata stabile con circa 790mila macellati, di cui 700mila quelli grassi (-6%), circa 8% del totale nazionale. Il numero di allevamenti si attesta a poco meno di 1.600 unità.
La filiera avicola è il comparto zootecnico più sviluppato in Veneto: si basa su un numero di allevamenti non particolarmente numeroso, ma dalle grandi dimensioni. Nel 2021 (fonte: Anagrafe zootecnica) sono stati macellati poco meno di 200 milioni di polli e galline (35% del totale nazionale) e 26 milioni di tacchini (50%). Il numero di allevamenti è rimasto invariato: quelli di pollo da carne si attesta a circa 760 unità, mentre quelli di tacchini da carne sono poco più di 400 con una fortissima concentrazione nella provincia di Verona. Il fatturato viene stimato in circa 730 milioni di euro (+9%).
Il 2021 è stata una buona annata per il comparto della pesca, con lo sbarcato locale transitato nei sei mercati ittici del Veneto che ha segnato un +8,9% in volume, a fronte di 17.780 tonnellate vendute. Bene anche il fatturato, che viene stimato a 42,1 milioni di euro (+10,0% rispetto al 2020).

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