Nel biologico il valore aggiunto non sta nella materia prima, ma nel prodotto finito. Per questo fare filiera significa cercare di riportare il valore verso l’anello più debole della filiera, ovvero la produzione, lo sostiene il professore Angelo Frascarelli (Università di Perugia), grande conoscitore dei mercati e delle dinamiche europee della PAC, la politica agricola della UE. Quindi la ricerca e l’innovazione rivestiranno un ruolo fondamentale per la crescita del comparto biologico. Più prodotti biologici per tutti? Si, è questo l’obiettivo del Piano d’azione 2021-2027 della Commissione europea che mira a incrementare nei prossimi dieci anni la produzione di cibi bio. L’imprenditore dovrà quindi essere il più possibile formato ed informato, per poter poi applicare le innovazioni nell’ambito della propria azienda. Lo sostiene Stefano Vaccari, Direttore generale del Crea, che segnala anche che costruire filiere dal punto di vista produttivo deve andare di pari passo alla costruzione di filiere delle conoscenze delle competenze. In questo quadro in evoluzione, si delinea però una insidia: la legge della domanda e offerta potrà produrre nel bio un inevitabile calo dei prezzi, poiché il differenziale di valore della materia prima biologica rispetto a quella convenzionale sarà destinato a calare, a tutto svantaggio dei produttori, come sottolinea il coordinatore dell’Alleanza delle cooperative Francesco Torriani; il quale aggiunge che il futuro dell’agricoltura biologica può passare solo attraverso filiere sempre più strutturate, che permetteranno di remunerare tutti i fattori della produzione.

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