È nato un progetto innovativo per identificare un rapidissimo ed efficace metodo di diagnosi precoce del batterio della terribile Xylella fastidiosa, l’infestazione che ha distrutto molti ulivi del Salento e sta salendo verso la Puglia del Nord; è frutto della collaborazione fra Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (Enci), Unaprol, Coldiretti e CNR-IPSP (Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante). Come mai? Va detto che i metodi diagnostici attualmente disponibili richiedono un dispendio di risorse umane e finanziare difficilmente sostenibili. Ed ecco l’idea. Come già avviene in porti e aeroporti contro trafficanti di droga e armi, perché non usare i cani cosiddetti molecolari?
La prima “task force cinofila anti Xylella” con cani specializzati nell’individuazione precoce del batterio attraverso l’olfatto è stata presentata nella masseria San Martino a Fasano, (Brindisi), frazione Pezze di Greco, in via San Martino di Tours 13, dove si sono messi all’opera con successo i primi cani addestrati per individuare l’insidiosa malattia degli ulivi. La nuova squadra speciale a quattro zampe è composta da sei unità: 2 jack russel, 1 pastore belga malinois, 1 segugio, 1 labrador retriever, 1 springer spaniel inglese.
La fase iniziale di addestramento è stata effettuata nel Salento, testando la capacità delle unità cinofile di riconoscere Xylella sia in piastre artificiali di coltura sia in piante di olivo infette. I protocolli di addestramento selettivo, che prevedono per ciascun grado di avanzamento delle prove il raggiungimento di un livello di accuratezza del 100%, hanno dimostrato che gli XDD – Xylella Detection Dogs – sono in grado di identificare il patogeno individuando “l’odore specifico” rispetto all’insieme degli odori emessi dai campioni utilizzati. Una volta terminato il percorso di addestramento, i cani capaci di identificare piante infette da Xylella ancor prima della comparsa di sintomi riconoscibili, potranno essere di enorme utilità nei controlli all’interno dei vivai e dei punti di entrata delle importazioni di piante dall’estero (porti, aeroporti, punti di confine) e sarebbero inoltre un valido supporto alle campagne di monitoraggio territoriale dei Servizi Fitosanitari secondo l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (Enci), Unaprol, Coldiretti e CNR-IPSP (Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante).
La Xylella è arrivata in Italia portata da piante tropicali giunte dall’America latina e fino a oggi ha infettato oltre 8mila chilometri quadrati con oltre 21 milioni di ulivi colpiti, molti dei quali monumentali. Il batterio avanza al ritmo di 2 chilometri al mese.
Se non esistono cure per salvare gli ulivi infetti da Xylella, unica strada – sostiene la Coldiretti – è la convivenza con il batterio attraverso la pratica dell’innesto con varietà resistenti per salvaguardare un prodotto millenario. Si tratta di tutelare una filiera che coinvolge oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia e che può contare sul maggior numero di olio extravergine ed olive da tavola denominazione in Europa (46 Dop e 7 Igp) con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.

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