Significativo crollo del consumo di vino italiano all’estero, che ha raggiunto il minimo storico da oltre trent’anni, con un calo del 20% dell’export nel primo trimestre del 2021. Il vitivinicolo è tra i settori dell’agroalimentare nazionale che hanno quindi maggiormente risentito delle misure restrittive messe in campo per fronteggiare l’emergenza pandemica, con particolare riferimento al blocco delle frontiere e alla chiusura del canale HoReCa, il quale da solo, è bene ricordarlo, vale il 40-45% del prodotto venduto. Questo preoccupante trend vale particolarmente per gli Stati Uniti, primo mercato per il vino italiano, dove gli acquisti si sono ridotti del 22% in quantità; e poi per la Germania, secondo nostro acquirente (-24%), e la Gran Bretagna, con un crollo del -33%, anche in forza della Brexit. Le imprese quindi hanno estremo bisogno di liquidità per poter guardare al futuro e programmare la produzione. Quali misure attuare? I produttori, sottolinea il presidente della Copagri Franco Verrascina, chiedono misure per il contenimento delle rese, che solo di recente hanno trovato parziale applicazione. E servono interventi quali lo stoccaggio e la distillazione volontaria di crisi, strumento applicato da poco a macchia di leopardo sull’intero territorio nazionale, che va reso più agevole dal punto di vista normativo e al contempo dev’essere attualizzato, individuando un prezzo adeguato al mercato senza ledere la redditività delle imprese.

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