C’è quasi incredulità a Roccella Jonica (RC): per la seconda volta il WORLD LIQUEUR AWARDS va a “Rupes”. La giuria del prestigioso premio internazionale aveva già riconosciuto lo scorso anno all’Amaro Rupes il “Gold” del World Liqueur Awards”. Ma quest’anno ben due allori gli sono stati assegnati: il World’s Best Herbal ed il Best Italian Herbal. Ecco la motivazione tecnica: “Arancia predominante nell’aroma, l’integrazione tra il dolce e l’amaro è molto ben espressa. Un profilo semplice ma molto ben eseguito”. La giuria quindi ha apprezzato il particolare blend di erbe locali dell’Amaro calabrese, un mix che affonda le radici in secoli di tradizione “spiritosa” della Locride jonica. Rupes Gold, ha un gusto deciso e raffinato, dal carattere inconfondibilmente calabrese, che riesce ad esprimere l’essenza di un territorio unico e ancora incontaminato, la natura e i suoi prodotti che nascono naturalmente e raccolti con fatica e con amore. Trenta erbe officinali ed aromatiche, provenienti appunto dalle colline della Locride, realizzano questa singolare e piacevole alchimia tra note erbacee amare, speziate ed amabili. Per la preparazione di Rupes Gold viene ancora utilizzato il vecchio metodo artigianale della macerazione a freddo degli ingredienti, tra i quali spiccano il finocchietto selvatico, le radici di liquirizia calabrese e l’alloro e una nota agrumata di arancia amara di Calabria e poi lasciato affinare in barrique di rovere. Degustandolo si può rivivere ancora oggi la leggenda che narra di come il nome fu coniato da intellettuali patrioti nella prima metà dell’800, precursori dei moti Carbonari che portarono all’Unità d’Italia, facendolo derivare dal luogo in cui veniva distillato: ai piedi della famosa Rupe di Roccella, un tempo Anphisia. Passarono molti anni e Vincenzo, mastro distillatore, detentore della ricetta originale e capostipite della famiglia Errigo, prima di morire alla fine del XIX secolo, strappa una promessa al figlio: “La ricetta di Rupes dovrà essere tramandata ma il racconto di quegli incontri per la libertà dovrà rimanere un segreto almeno per un secolo”.Così quella ricetta fu tramandata nel silenzio, di padre in figlio, per quattro generazioni. E grazie a Vincenzo, scomparso nel 2019, che portava il nome del suo trisavolo, ed ai due figli Francesco e Luca, ritorna sulle tavole.

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