Tra le conseguenze peggiori del climate change c’è la diminuzione drastica del numero di api. Sono scomparsi più di 10 milioni di alveari nel mondo solo negli ultimi cinque anni. Colpa dei cambiamenti climatici, che mettono a rischio la sopravvivenza delle api, tra aumento delle temperature e diffusione di nuovi parassiti, con effetti drammatici sulla sicurezza alimentare globale. È appena stata celebrata la Giornata Mondiale delle Api (20 Maggio), ed è quindi importante rilanciare l’allarme sullo stato di salute di questi insostituibili impollinatori, da cui dipende il 70% della produzione agricola mondiale, e quindi del cibo che arriva a tavola. Il clima è fondamentale. Il rialzo delle temperature del pianeta costringe le api a cambiare habitat e spostarsi continuamente alla ricerca di areali più freschi. Mentre lo stravolgimento delle stagioni, con primavere anticipate e freddo fuori periodo, ha effetti negativi sulla loro capacità produttiva e riproduttiva. In più, il riscaldamento globale facilita la proliferazione dei cosiddetti “parassiti dell’alveare”.  Ma se non si interviene subito e in maniera integrata – evidenzia Cia-Agricoltori –  presto le varietà di miele, così come di ortaggi e frutta, saranno sempre più scarsi, o non disponibili, o con prezzi più alti, considerato che dal servizio di impollinazione di questi insetti provengono 90 delle 115 principali coltivazioni mondiali. Ecco perché ancora di più oggi, all’apicoltura deve essere riconosciuta la funzione fondamentale di base del sistema agricolo. Una funzione insostituibile, in primis in Italia, dove oltre 68.000 apicoltori curano ogni giorno 1,6 milioni di alveari sparsi nelle campagne nazionali, salvaguardando la biodiversità e mantenendo le tante varietà di mieli locali, nonostante i cali di produzione dovuti appunto alle avversità atmosferiche.

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