Si avvicina l’estate e, forse perché il Covid ha permesso sperimentazioni nei tempi morti, fioccano le new entry nel mondo del vino. Dalla Maremma toscana si presenta Vegoia. Che strano nome. Cos’era o chi era Vegoia? Una ninfa della mitologia etrusca raffigurata come una giovane donna alata che tiene in mano una spiga di grano. A lei si attribuiscono i libri Vegonici che vertevano sull’interpretazione dei fulmini considerati positivi o negativi a seconda della loro destinazione. Non è una novità quella di legare il nome di un vino a fiabe e miti delle terre di origine. In questo caso l’Etruria, regione dalla storia millenaria che comprende anche la Maremma, e Magliano (GR), dove Fattoria Mantellassi produce i suoi vini da 60 anni, compiuti nel 2020. Vegoia è il contenitore, possiamo dire. Il contenuto proviene invece dall’Ansonica, un vitigno a bacca bianca italiana conosciuto anche con il nome di Inzolia, origini meridionali ma diffuso anche in altre regioni, soprattutto la Toscana, dove ha trovato un habitat consono. Qui è proposto in purezza 100% e prodotto con due tipi di vinificazione. La prima effettua una fermentazione alcolica per oltre 40 giorni in acciaio così da mantenerne freschezza, eleganza e mineralità. Quindi viene mantenuto a riposo nelle proprie fecce dove continui batonage ne aumentano le caratteristiche organolettiche. Dopo due mesi, l’affinamento continua per altri due in bottiglia. Vegoia, la giovane donna alata, ora attende di essere liberata…

Share:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *